FIANO DI Avellino DOCG 2013
Pietracupa Montefredane (AV)
Vini di territorio, di “terroir”, vini dell’anima……dell’uomo.
La prima volta che ebbi il privilegio di conoscere Pietracupa(2004), del ora amico Sabino Loffredo, ero “fresco” di abilitazione a Sommelier. Detto tra di noi, non capivo una mazza, ero solo un apprendista (amici sommelier, l’abilitazione è solo l’inizio, togliamoci la divisa!!!!!!).
I bianchi li degustammo dal tino di acciaioe ricordo benissimo che, oltre alla piacevolezza di beva, nonostante l’esuberanza di acidità conseguente alla gioventù, rimasi colpito per come il frutto, agrumato, a pasta bianca, convivesse con una “spada” fresco/sapidache mi stupì non poco, dimenticando che il Sud del nostro meraviglioso paese non è tutto uguale e l’Irpinia, Montefredane in particolare, per altitudine, suolo e sottosuolo, clima, escursioni termiche, è decisamente “meno uguale”, come mi ricorda, ogni volta, Sabino.
Sorvolo sui riconoscimenti, tutti meritatissimi, ottenuti in questi 15 anni da Pietracupa, per dedicarmi al suo Fiano, nel millesimo 2013, che ho avuto il piacere di acquistare (assieme al Greco di Tufo) durante l’ultima visita in azienda, un paio di anni fa.
La capsula si incide facile, perché è come si deve ed estraggo un tappo resistente, ma bagnato solo a contatto con il vino, a testimoniarne la perfetta tenuta, che odora di scorza di agrumi gialli canditi.
Nel bevante cade agile, ma conosco troppo bene questi vini per mal intendere, ed infatti, mi basta muovere appena, da un lato all’altro, il contenuto, per verificarne il film cremoso, attaccato alle pareti, che solo dopo alcuni secondi si spezza in archetti strettissimi e lacrime alcoliche generose, nonostante i “soli” 12,5°.
Cromaticamente, l’oro verde strizza l’occhio alla paglia secca.
La prima nasata, a bicchiere fermo, parla di evoluzione, nelle note di frutta secca e zest di agrume.
Prime rotazionied il vino, nella parte centrale del bevante, crea onde dense, dalle quali spunta l’attesa mineralità, declinata in cenni di idrocarburi e polvere da sparo.
Mi emoziono, ogni volta è così, perché in questo momento vorrei essere proprio lì, su quella collina, benedetta da Dio e da me visitata tante volte.
Ulteriori rotazionied il ventaglio aromatico, ancora un po’ chiuso, comincia a darsi più generoso: bouquet di fiori gialli secchi, ginestra in particolare, ma anche fresia, chips di mela disidratata, zest di pompelmo giallo, di cedro, di limone, tra il secco ed il candito, frutta secca, tanta, nocciola in primis, poi castagna, noce, soffi finissimi che parlano di pasticceria, camomilla, il tutto avvolto da un manto minerale ora fattosi garbato, protettivo.
La felicità ha tanti volti, oggi è il tuo Sabino, nascosto nel tuo magico Fiano.
In bocca il sorso entra secco, caldo e di vellutata morbidezza, pur non riuscendo comunque a bilanciare una freschezza (acidità) ed una sapidità che ancora mostrano i muscoli, mantenendo tuttavia la beva estremamente piacevole e gustosa.
Altro sorso, per indagare le chissà perché “pretese” coerenze olfattivo gustative.
Prima e soprattutto dopo la deglutizione, espirando a bocca chiusa, la bocca si riempie di marmellate di agrumi gialli, cedro e pompelmo giallo in primis, ma anche deliziose fettine di mela Golden disidratata, fiori di camomilla, pasta sfoglia, crema pasticcera, crema bianca di nocciole, nocciole caramellate, a chiudere lunghissimo nei cenni di autolisi dei lieviti.
Dopo aver deliziato naso e bocca, penso al rapporto food & beverage, che un vino come questo merita tutto:
- antipasti – carpacci di pescato affumicati, tal quali, ma anche con capperi tritati ed una goccia di EVO da cultivar Ortice, tartare di manzo, insalata di mare generosamente popolata da molluschi, fiori di zucca ripieni di ricotta e fritti, foglie di salvia fritte, insalata di carciofi e scaglie di Parmigiano DOP, spicchi di carciofi pastellati e fritti;
- primi piatti – linguine “a vongole” o allo “scoglio”, bigoli con ragout di anitra, riso Carnaroli con i carciofi, con il Radicchio di Treviso Tardivo IGT, con il “pastin”;
- secondi piatti – fritto di “paranza”, pescato al forno con capperi, olive, pomodorini oppure con le “castraure di S.Erasmo”, baccalà alla “cappuccina”, carni bianche o rosa grigliate e generosamente aromatizzate/speziate.
L’anima, dal bicchiere vuoto, parla di spezie, di tabacco dolce, di foglie secche, di grani di senape.