FIANO DI AVELLINO
CIRO 906 DOCG 2013
PICARIELLO SUMMONTE (SV)
Vini di territorio, di “terroir”, vini dell’anima……dell’uomo.
Da quando, parecchi anni fa, ho conosciuto il vitigno Fiano e, particolarmente, le interpretazioni di alcuni eccellenti vigneron irpini, il mio utilizzo di Chardonnay è sensibilmente diminuito, ottenendo, su piatti ad elevata intensità gusto-olfattiva, analoga se non superiore soddisfazione.
Il mio “areale” di riferimento è la collina di Montefredane (AV), dove “operano” i grandi Sabino Loffredo (Pietracupa), Raffaele Troisi (Traerte) e gli eredi del mai dimenticato Antoine Gaita (Villa Diamante), ma la mia “iniziazione” a questo strepitoso vitigno è avvenuta a Summonte (AV), grazie a Guido Marsella, il primo ad aver intuito l’importanza di una lunga sosta del vino sulle fecce fini in acciaio inox e, successivamente, in vetro.
Sempre in questo graziosissimo borgo irpino, situato in altura (750 mslm) e conosciutissimo anche per la qualità delle sue castagne, opera un altro personaggio di riferimento per il vitigno, Ciro Picariello.
Ciro 906 è la sua selezione, ottenuta con le migliori uve raccolte, che prevede, dopo la fermentazione, una sosta in acciaio sulle fecce fini di 12 mesi, ai quali seguono, dopo l’imbottigliamento, ulteriori 6 mesi in vetro.
Ed ora facciamo parlare questo vino, che degusto per la prima volta, per il quale ho scelto un calice di notevole ampiezza di “pancia”, da vino rosso per capirci.
La capsula è come si deve ed il tappo si estrae facile, con sentori che richiamano proprio le “castagne”, in questo caso affumicate.
Il vino si presenta limpido, paglierino scarico, di buon peso e, a bicchiere fermo, è una esplosione minerale (pierre a fusil) con cenni speziati.
Prime rotazioni per aprire un vino che, al momento, sembra ostinatamente chiuso in sé stesso. Pazienza, mi dico, è troppo freddo. Eseguo ulteriori rotazioni, con evidenza, sempre timida, delle seguenti famiglie di aromi: floreale, fruttato, minerale, speziato.
Lascio trascorrere alcuni minuti, sempre ossigenando il vino in questo splendido calice panciuto: fiori di tiglio e ginestra, frutta a pasta gialla, con albicocca, pesca e goccia d’oro in evidenza, nocciola tostata, croccante, pandoro, farina di castagne, impercettibili soffi speziati e minerali, di zafferano, curcuma, curry, cenere, refoli di foglia di tabacco dolce in appassimento. Il vino sembra in parte “inafferrabile” ma di indiscutibile finezza e con evoluzione appena avviata.
La gioventù intuita al naso ottiene indiscutibile conferma al gusto, con un sorso secco, di misuratissimo calore alcolico (13°), ma di ottima e cremosa morbidezza (grazie alla sosta sulle mannoproteine dei lieviti esausti), con equilibrio da costruire, perché ora dominato dalle durezze, che nulla tolgono alla piacevolezza di beva, con particolare riferimento ad una succosa acidità fruttata, che fa scorrere fluida ed abbondante salivazione ed alla “salinità” di questo Fiano, che ci porta, più che al mare, in un cesto di pesce azzurro appena pescato, alici, sarde, sgombri.
Altro sorso per indagare i sapori che confermano frutti gialli in cerca di maturazione, la pesca, l’albicocca, la susina amolo, la goccia d’oro, ai quali si aggiungono agrumi gialli, cedro e pompelmo in particolare, sale alle erbe aromatiche, tabacco dolce, frutta secca, a chiudere lungo su zest di agrume e miele amaro di castagno.
Quanta gioventù, Dio mio, quanta vita davanti, almeno 3, forse 5, anni, o chissà…….
E’ un Fiano che, se avete in cantina, vi consiglio di far attendere almeno un paio d’anni ma, se siete incorreggibili e curiosi come me, dovete ora abbinare a pietanze ricche si da un punto di vista gusto-olfattivo, ma caratterizzate da grassezza ed un pizzico di tendenza dolce:
- antipasti – tartare di salmone selvaggio, scampi crudi, schille fritte, verdurine pastellate e fritte, petto d’oca affumicato su crostone generosamente imburrato, insalata di porcini freschi o di ovuli riccamente “scagliata” di Parmigiano Reggiano DOP;
- primi piatti – riso Carnaroli con bisque di scampi, con il “pastin”, con zucca e scamorza affumicata;
- secondi piatti – carni bianche scaloppate e fritte, crostacei fritti, sogliola alla mugnaia o grigliata, formaggi freschi e grassi, di buona intensità olfattiva, come un latteria al tarufo.
Nel bicchiere vuoto un’anima “giovane”, che racconta di tisane, nocciole tostate, pigna secca, con cenni raffinatissimi di tabacco dolce da pipa.